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I Compilatori della Civiltà Cattolica per gli articoli da essi puiblicati intendono godere il diritto di proprietà letteraria giusta le convenzioni stabilite fra' varii Stati d' Italia. E così riputeranno frodolente quelle ristampe che si facessero di detti articoli senza l'espresso loro consenso.

I REGICIDI AL TRIBUNALE

La

a pubblicità dei giudizii criminali, data a tutela dell'innocenza, quando parve che la sola coscienza del magistrato non fosse sufficiente a quell'uopo, ha, secondo alcuni, l'inconveniente di aprire una scuola pratica se non di delitti, certo delle maniere più sicure a schivarne le conseguenze dolorose innanzi all'umana giustizia. Nė noi sapremmo negarlo, ogni qual volta quella pubblicità fosse piena ed assoluta per tutti e per tutto; e però ci parvero sapientissimi quei provvedimenti che, limitandola in varie maniere sia collo escluderne alcuna specie di delitti che dal venire discussi all'aperto offenderebbero troppo il pubblico costume, sia coll'abilità di assistere al giudizio fatta a quelli soli che vi hanno comunque un titolo speciale, ritennero i vantaggi di quella pubblicità e ne schivarono, almeno in parte, gl'inconvenienti. Ma quando la pubblicità è intera, non dee recare meraviglia che in certi casi la gente tragga ad un dibattimento giudiziale, come a spettacolo; e pare che tutte le sembianze ve ne siano nel silenzio solenne che regna nell'aula gremita, nell'aspetto grave e pensoso dei magistrati, nei varii affetti che si avvicendano in volto agli accusati sul loro sgabello, negl' interrogatorii artificiosi e scaltriti dei testimonii e nella parola eloquente, sia del Fisco che accusa in nome della legge, sia dell'avvocato che difende in nome di una possibile innocenza tanto più degna di compatimento, quanto più irretita dalle apparenze di reità, per colpa dell'errore o della calunnia,

Ma se ad una cosi fatta discussione giudiziaria altri può trarre come a scuola di delitto o come a spettacolo, si dà pure il caso in cui vi si può assistere come a scuola di morale contemporanea, per impararvi i principii che informano la moderna società: e mentre l'ac cusatore, nell'intreccio di fatti e di circostanze tenuissime, va rintracciando i primi apparecchiamenti del commesso delitto, dalla discussione medesima un filosofo potrebbe raccogliere le prime idee e le teoriche fondamentali che, avendolo persuaso, potrebbero perfino giustificarlo. Ora questo appunto è avvenuto a noi nello assistere che abbiamo fatto al dibattimento giudiziale, che precedette in Parigi la condanna dei quattro disgraziati autori dell' attentato che funestò tanto gl'inizii di quest'anno. Dicemmo di avervi assistito non già colla persona, ma colla mente, che ne ha seguito tutte le parti, leggendone nei pubblici giornali la relazione particolareggiata, e fino le parole, ora degli accusati, ora dei testimonii, ora dei difensori e dei magistrati, raccolte dalla stenografia e date alla curiosità della gente, come pascolo molto opportuno nella scarzezza o tenuità di altra materia da satisfarla. Da quella riposata lettura, che forse ci valse meglio che non se avessimo personalmente assistito alla scena, noi abbiamo raccolto qualche principio, o meglio vogliamo dire la confermazione di qualche principio che, governando i pensieri e gli affetti di parecchie persone colte e che si credono illuminate e progressive, è la radice segreta non diremo solo delle opinioni, ma eziandio di tutti quei folli conati, che mantengono in continua incertezza ed in frequenti agitazioni l'Italia ed il mondo. Ora queste nostre considerazioni noi vorremmo comunicare ai lettori, perchè almeno si colga qualche salutare ammaestramento da un fatto scellerato che, se fu per nostra vergogna perpetrato da Italiani, trova giustificazioni e conforti da teoriche, le quali sicuramente sono tutt'altro che italiane.

Deve pure nelle teste moderne essere grande la differenza che dispaia il delitto politico dal comune; quando quello è circondato da tanti compatimenti e diciamo pure da tante ammirazioni e simpatie; per questo non si ha altro che esecrazione ed orrore. Certo se non di quattro cospiratori si fosse trattato, che spargono la de

solazione e la morte tra cencinquantasei persone innocue, affine di trucidare un Monarca, e questo medesimo affine di scombuiare l'ordine civile in Francia, in Italia, in mezza Europa; ma si fosse trattato di quattro banditi vulgari, che avessero accoppato il viandante nella pubblica via, affine di ghermirgli la borsa; quale persona onesta se ne sarebbe pigliato pensiero, non che per iscusarneli, per impietosirsene solamente ? Per poco in questi casi non sembrano soverchie le necessarie lunghezze della giustizia inquisitiva; ed il pensiero di avere a scontrare quei quattro ceffi sulla via, fa gridare che si tenga pronto il capestro per servirneli, come tosto la famiglia del criminale gli abbia in sua forza. La quale differenza non può originarsi dal convincimento coscienzioso che i primi possono asserire, e che non si potrebbe supporre nei secondi. Perciocchè se l'Orsini vi disse che egli, considerando come supremo suo bene l'Indipendenza italiana, credette doverle sgombrare la via dall'impedimento che egli riputava massimo, e però si accinse a togliere di mezzo Napoleone III; nè più nè meno vi avrebbono potuto dire il Passatore ed il Lazzarini, capi famigerati di banditi : essi cioè tenere per supremo loro bene le borse altrui; e però avere applicato l'animo a toglier di mezzo il massimo impedimento che si scontrava a farle loro, il quale certo erano i possessori di quelle. Che se ad ammirare ed encomiare questi secondi voi vi avvisate giustamente che non faccia nulla il coraggio, onde affrontarono mille rischi, lottando a corpo a corpo colla pubblica forza e perseverando più anni in quella vita di agitazioni e di sbaraglio, affine di attuare la loro idea di ghermire le borse altrui; neppure ci pare che i pericoli, corsi ed incontrati ad occhi veggenti dai patriotti, possano avere migliore costrutto ad acquistare loro la universale ammirazione. Anzi a noi, per dirla proprio come la pensiamo, il bandito che, solitario o con pochi, si mette in guerra colla società e ne sfida le forze, e ne sventa le mene, e ne spregia le minacce, sempre cinto d'insidie e sempre ad un capello dalla forca; questo bandito, diciamo, in opera di disperato coraggio e di ardimento indomabile, ci pare qualche cosa di più forte e quasi non dicemmo di più magnanimo, che non è il cospiratore tenebroso, che, all'ombra di una potente ospitalità, apparecchia gli strumenti di mor

te, li adopera con tutta la speranza di passarsene inosservato, e può sognare dal riuscimento qualche Triumvirato, qualche Dittatura, qualche gran cosa in somma che lo faccia arbitro della propria patria, la quale scagliollo dal seno. Si che vedete che nè il privato convincimento, nè il personale coraggio vi possono scambiare il reo politico ed il regicida in un eroe, senza accomunare questa nobile qualificazione ad ogni furfante che, per satisfare qual più vi piaccia malnata passione, ha il coraggio di dirvi che egli è convinto della propria rettitudine; ed oltre a questo abbia quell'altro coraggio, che è forse un po' più difficile, d'andare cioè incontro a qualunque rischio, sia pur quello della stessa morte. Vi è dunque uopo di qualche altra cosa tutta speciale nel delitto politico, e quella già conosciuta e forse ancora notata da noi, crediamo sia stata solennemente chiarita nel dibattimento per l'attentato del 14 Gennaio.

E questa qualche altra cosa, che trovasi nel delitto politico ed indarno si cercherebbe nel vulgare, è la opinione abbastanza invalsa in difesa del primo, e che attesta il morale pervertimento onde altri è giunto a pigliare il nero pel bianco e le tenebre per luce. Perciocchè la privata opinione del ladro, intorno alla licitezza del furto, appunto perchè di lui solo, basterebbe a dichiararlo scellerato; laddove la opinione del cospiratore politico basta a tenerlo per eroe, appunto perchè da altri è partecipata e spesso nella più buona fede del mondo. Ora credete voi che sieno pochi a pensare in questa maniera? Oh! caro voi! dareste davvero segno di non conoscere il mondo, in cui vivete e l'atmosfera che respirate! Noi crediamo anzi che siano smisuratamente più che non mostra; ed appunto lo smisurato loro numero rende audace questa specie di delinquenti, ne rende altieri e burbanzosi i difensori, li fa oggetto della più tenera e sentimentale compassione, e per poco non fa balenare in mano ai ministri medesimi della giustizia quella scure, la quale essi tratterebbero con austera fermezza, quando si dovesse punire qualunque altra specie di delitto. Perchè l'Orsini ed i tre suoi compagni siano considerati come altrettanti eroi da incoronarsi coll'ammirazione dei presenti, e da trasmettersi con superstiziosa riverenza all'ammirazione dei futuri, non ci è bisogno che di questi

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