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per iscaduto dalle prerogative reali: intanto debba restituire la chiesa di Vormazia al Vescovo Adalberto di Rheinfeldt, cui l' avea tolta con violenza 1: debba confessarsi in iscritto reo d'ingiustizia e di crudeltà contro i Sassoni, i Turingi e gli Svevi, e ne mandi copie sino in Italia: si rechi a Roma ad implorare il perdono da Vostra Beatitudine, ubbidendo ai suoi santi voleri: isbratti la Corte dalle sozze femmine e dagli scomunicati: disciolga l'esercito: smetta le insegne reali: si riduca a menar vita privata, e gli sarà dato il Vescovo di Verdun con altri pii sacerdoti per averne i conforti spirituali: intanto non visiti chiese nè luoghi santi. Arrigo fremette in cuor suo a queste imposizioni: ma pure sperando a quelle condizioni di mantenersi la corona di Germania in capo, giurò di osservarle tutte; e posto ad effetto ogni comandamento della Dieta, riparò colla moglie e col figliuolo in un castello di Spira 2.

Nel castello di Spira regnava alto silenzio e solitudine erma e cupa, e Cesare viveva romito non volendo usare con niuno del mondo: la persona sua teneva incolta, nè si tagliava l'ugne, nè ravviava i capegli, e la barba era tutta irta e arruffata come d'uomo salvatico: stavasi sempre pensoso, taciturno e mesto, nè nulla valeva a torgli dell'animo la profonda malinconia che rodealo il di e la notte. Soltanto la moglie, che seguito l'avea nel di dell'amarezza, eragli tornata cara, e la sua dolcezza e l'affabilità sua temperava alquanto il cociore di quel fuoco interno che gli divorava le viscere; perocchè ella quando il vedea più chiuso ed atro conducevagli innanzi il figliuoletto Corrado, il quale saltatogli sulle ginocchia bamboleggiando l'accarezzava.

Ma intanto i giorni passavano e Arrigo vedea già vicino il fine dell'anno, che i Principi dell' Impero aveangli assegnato qual termine perentorio, valico il quale senza la ribenedizione della Santità Vostra, le leggi palatine cassavanlo d'ogni diritto alla corona di Lamagna. Arrigo vedeasi abbandonato da tutti, senza corte, senza

1 Chron. August. an. 1078.

2 Auct vit. S. Anselmi. Card. ARAG, VOIGT, pag. 476 e seg.

soldati, senza danaro, caduto dalla maggior altezza del mondo nella massima miseria: ruggi come un leone ferito; si battè le mani in capo, e come il figliuol prodigo disse Surgam et ibo ad Patrem - Detto, fatto. Prese la moglie e il figliuoletto con pochi servitori, e avviossi verso l'Italia. Appena si seppe la sua dipartita, Rodolfo di Svevia, Guelfo di Baviera e Bertoldo di Carintia spedirono in fretta a guardar le chiuse del Tirolo, cosi dalla parte dell'Aizak come da quelle dell'Adige, del Tagliamento e della Piave 1. Senonchè Arrigo, il quale sospettava di quegli aguati, torse per la Borgogna, e mira a scendere in Italia per le alpi Cozie. Appena il seppi, io son salito a cavallo, risoluto di non arrestarmi sinch'io non fossi ai piè della Santità Vostra a rendervene avvisato. Lungo il cammino trovai molti Arcivescovi, Vescovi e Abati d'Alemagna, che vengono pentiti degli eccessi di Vormazia, e vogliono gittarsi dinanzi a Voi bramosi del perdono. Ma nello stesso tempo m'accorsi che molti Vescovi e Baroni lombardi, appena seppero la venuta di Cesare in Italia, si misero in gran bollimento, e apparecchiano armi e solennità per accoglierlo a gran trionfo, e porlo alla testa d'un esercito numeroso e agguerrito: laonde io penso che la Santità Vostra non proceda altrimenti per Augusta, ma sostenga a Canossa, munitissima rocca, sinchè l' animo d' Arrigo e l'intendimento de' Lombardi sia manifesto.

S. Gregorio e Matilda a quel ragionamento non batteron palpebra, e come il guerriero forni di parlare, il Papa con fermo viso gli disse: Cavaliere, chi sei?

Il cavaliere piegò il ginocchio sino a terra e rispose: Son Pandolfo di Groninga.

1 LAMBERT. 1077.

RIVISTA

DELLA

STAMPA ITALIANA

I.

Dionysii Petavii Aurelianensis e Societate Iesu Opus De theologicis Dogmatibus, expolitum et auctum collatis studiis CAR. PASSAGLIA et CLEM. SCHRADER ex eadem Societate. Tom. I. Romae typis Congregationis de Propaganda Fide MDCCCLVII.

Chi sia il Petavio e quanta gloria lo circondi nelle lettere e nelle scienze i nostri lettori non hanno uopo d'impararlo da noi. Nondimeno l'opera più celebrata di questo insigne teologo, quale è appunto la presente, mancava di una edizione che la ponesse in grado di correre ai giorni nostri per le mani dei dotti. Imperocchè l'antica, contenente il semplice testo, era divenuta rarissima; e le due, posteriormente fatte dal Le Clerc e dal Zaccaria, non rispondevano al bisogno; la prima, per essere grandemente viziata dall'eterodossia dell'Annotatore, e la seconda per essere piuttosto oppressa che abbellita di giunte. Oltre a che l'universale desiderio di riordinamento in questa suprema tra le scienze sacre, dimandava con grande istanza, che l'opera più compita, che fosse stata scritta finora intorno alla dottrina de' Padri in materia di dommi, rivedesse la luce con quella perfezione, che il progresso e gli studii di quasi due secoli a giusto titolo le impromettevano.

È questo il pensiero che ha mosso l'animo e regolata la penna dei due illustri teologi Carlo Passaglia e Clemente Schrader nell' imprendere la grave e difficil fatica di questa edizione, di cui con gran piacere già vediamo pubblicato il primo volume.

Noi accenneremo, acciocchè i nostri lettori ne abbiano contezza, i miglioramenti che gli Editori hanno recato a quest'opera del Petavio; ma non crediamo poter più vivamente farne comprendere il merito ed il valore, che esponendo ciò che essi con lunga e dottissima prefazione hanno ragionato intorno all' idea, ai presidii, allo svolgimento della scienza teologica. Quinci apparirà l'ampiezza del disegno, a cui essi diressero le mire, e la moltiplicità de' mezzi che adoperarono per attuarlo.

La scienza teologica, essi dicono, può considerarsi come l'espressione subbiettiva del Verbo di vita, che Dio in molte guise espresse già per bocca de' profeti e da ultimo ci manifestò con pienezza, mediante il suo Figliuolo incarnato. Ella è quasi un Verbo umano che a noi ripete la parola divina; la quale, ascosa da'secoli nel seno del Padre, apparve finalmente e conversò tra noi, fatto uomo in Cristo per virtù dello Spirito Santo. Il perchè la teologia è meritamente da appellare una copia umana e temporale del divino e sempiterno archetipo, in cui rilucono le vie e i termini da Dio scelti per togliere dalle tenebre dell'errore e dalla fedità della colpa il genere umano, e ridonargli la luce della verità, l'ornamento della giustizia, la misericordia del perdono, la felicità della vita, avviandolo pei lucidi sentieri della grazia e della gloria. A questa scienza dunque appartiene il somministrarci una fedel conoscenza delle manifestazioni, che a Dio si riferiscono, come ad Autore e Riparatore dell' ordine soprannaturale, e che incoate nell' economia originale, accresciute nella patriarcale, ampliate nella mosaica, da ultimo ricevettero nell' Evangelio compimento e corona

Da questa sublime idea di ciò che è la teologia, di leggieri s' intende la sua nobiltà, la sua amplitudine; e come essa conviene che stia in cima a tutte le umane scienze; le quali a lei debbono servire di ministre e di ancelle. Di qui si comprende altresi, quanta sia la difficoltà di trattarla debitamente; e di quanti presidii abbisogna chi aspiri al vanto di perfetto teologo. Non sarà per fermo esagerazione il dire che tutta quanta l'enciclopedia si converte, a rispetto di lei, in un apparecchio d'istromenti, in parte necessarii ed in parte utili al suo esplicamento. La qual cosa non è solo persuasa da

intrinseche ragioni, ma è confermata eziandio dall'autorità e dall'esempio de' più celebri Padri e Dottori della Chiesa, di cui gli Editori con copiosa e scelta erudizione riportano le sentenze.

Questi stromenti, di cui abbisogna o fa uso la teologia, possono dividersi in divini ed umani. A capo di tutti è da porre l'interpretazione della sacra Bibbia e la perizia delle divine tradizioni; per esser quivi i fonti delle verità rivelate, che sono basi e principii di tutta la scienza teologica. Colui certamente sarà più alto teologo, il quale sarà più profondo esegeta, e che avrà più vasta ed accurata notizia delle divine testificazioni, secondochè si contengono nella divina parola, sia scritta sia oralmente trasmessa. Ma non per questo debbono trascurarsi gl' istromenti umani; i quali consistono nelle arti e nelle scienze, e in quella massimamente che è suprema tra tutte, val quanto dire la filosofica. Il perchè imprudentemente adoperano coloro che senza un previo ed accurato studio di tali discipline, si accostano alle fonti teologiche; nelle quali è chiaro che essi non potranno giammai pervenire a quell' altezza, che meriti loro il nome di maestri.

Qui avremmo amato, giacchè ottimo se ne porgeva il destro, che i due dotti Editori avessero colla loro eloquente parola inculcato per questa parte la necessità, che vi è oggigiorno, di una verace ristorazione filosofica; acciocchè la teologia possa assorgere a quel decoro, a cui l'avevano avviata i suoi più solenni Dottori e sospingersi a nuovi incrementi. Per fermo ogni scienza umana, e quindi anche la teologia, è capace di progresso; e progredisce di fatto, quando viene debitamente coltivata. Se il domma stesso cattolico nella Chiesa di Dio può ricevere col succedere de' secoli di mano in mano maggiore dilucidazione e più ampio svolgimento, giusta le sapienti osservazioni di Vincenzo lirinese 1; vorremmo noi ne

1 Quodcumque in hac Ecclesiae Dei agricultura fide Patrum satum est, hoc idem filiorum industria decet excolatur et observetur, hoc idem floreat et maturescat, hoc idem proficiat et perficiatur. Fas est etenim ut prisca illa caelestis philosophiae dogmata processu temporis excurentur, limentur, poliantur; sed nefas est ut commutentur, nefas ut detruncentur, ut mutilentur. Accipiant licet evidentiam, lucem, distinctionem, sed retineant necesse est plenitudinem, integritatem, proprietatem. Common. c. 30.

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